mercoledì 16 aprile 2008

Dichiarazione dell'On. Gianluca SUSTA Ufficio Politico Regionale Partito Democratico del Piemonte

“Il PD ha realizzato un buon risultato, ma ha cannibalizzato la sinistra radicale e ha ceduto sul fronte moderato una consistente fetta di voti, questo perché siamo stati percepiti in continuità con il Governo Prodi.
Complessivamente le forze del centro-sinistra, che due anni fa formavano l’Unione, hanno perso tre milioni e 800 mila voti, quando le forze che sostenevano Berlusconi hanno guadagnato un milione e trecentomila. Due milioni e mezzo di persone hanno cambiato idea rispetto a due anni fa a favore della destra. E non sono certo elettori comunisti o verdi: c’è stato un travaso di voti dalla sinistra radicale al PD e dal mondo moderato che aveva votato per l’Unione verso la destra. Mentre per vincere avremmo dovuto prendere dal voto moderato senza distruggere la sinistra radicale.
E’ evidente che se il PD si rafforza solo a scapito della sinistra radicale non potrà pensare di governare ancora né in Piemonte né nel resto del Paese. Un Paese moderno, come le grandi democrazie europee insegnano, ha bisogno di una grande forza politica riformista, ma ha anche bisogno di una sinistra radicale capace di drenare la protesta sociale che altrimenti rischia di deviare rispetto al quadro democratico.
Il PD non deve cambiare la sua proposta, ma riuscire a convincere gli elettori che è davvero una forza riformista e moderna, che sa parlare anche a quella borghesia produttiva che ancora una volta ci ha voltato le spalle. Non era certo Walter Veltroni in due mesi a poter risolvere il problema, ma o impareremo a parlare con questo “ventre molle” o non è che cannibalizzando chi sta alla nostra sinistra che riusciremo a tornare a vincere.
Dobbiamo aprire una riflessione sulle amministrative che ci attendono il prossimo anno e sulle regionali del 2010: senza toccare le maggioranze attuali, ma rivedendo alcune politiche. Se non sappiamo interpretare e parlare alla società civile del Piemonte 2, che è profondamente diversa da quella di Torino, non abbiamo nessuna speranza di farcela. Quindi il problema non è cambiare le alleanze, ma rivedere le politiche e la determinazione con la quale le perseguiamo.
Una maggiore integrazione tra la classe dirigente del PD di Torino e quella dell’altro Piemonte non guasterebbe. Certamente un PD dominato integralmente da un ceto dirigente torinese non potrà che riconfermarsi debole sul piano regionale”.

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